La ricerca nell’ambito dei Nano Satelliti interessa diversi settori, che vanno dalla progettazione avionica, ai sensori fino alla progettazione di specifiche applicazioni e missioni. Senza pretesa di essere esaustivi, data la vastità e l’interdisciplinarità degli argomenti, si può fornire una schematizzazione di massima dei settori di ricerca e sviluppo legati alla progettazione di una missione satellitare basata su tecnologie di mini-satelliti e nano-satellite. Partendo dal livello più basso i temi di ricerca sono legati alla progettazione del vettore satellitare (avionica e comunicazioni) e del payload (sensori di differenti tipologie) mentre ad un livello più alto la ricerca si concentra su tecniche di signal processing e di on-board processing per ottimizzare le vari fasi di acquisizione dell’informazione e di produzione di dati. Temi di ricerca più evoluti riguardano sia l’utilizzo dei dati forniti da tecnologie di signal e on board processing sia la loro integrazione con altre sorgenti informative per la soluzione di problemi più complessi.
Nel campo delle telecomunicazioni, inoltre, sono in fase di avanzato sviluppo i Cubesat Nanosatelliti con un payload capacedi poter trasmettere dati.
Per i primi 10 anni di ricerca (dal 1999 al 2009) i settori coinvolti furono quelli dell’educazione e il payload doveva soltanto eseguire operazioni molto semplici quali:
Una ulteriore applicazione di notevole rilievo sviluppata a partire dalle ricerche condotte sui payload e sui protocolli di comunicazione nell’ambito dei Cubesat è stata la missione Mar-CO Mars Communication Observation (implementata con tecnologia 6U Cubesat) che ha contribuito alle funzioni di comunicazione tra la Terra, lo spacecraft InSight e il Rover, nella sua missione su Marte. La tecnologia impiegata ha permesso di affrontare i problemi della discontinuità di connessione end-to-end e ha sperimentato di nuove architetture con protocolli di comunicazione DTN (Delay Tolerant Network).
L’impiego della tecnologia CubeSat e dei paylaod e protocolli di comunicazioni in un contesto come quello di una missione spaziale, apre possibili scenari futuri in cui queste tecnologie potranno trovare impiego nel garantire una infrastruttura di telecomunicazione a per comunicazioni spaziali tra la Terra e le missioni nel Sistema Solare. Queste ipotesi potranno fare da leva a nuovi lavori di ricerca per il raggiungimento di requisiti ancora non attuabili. Si ipotizza infatti un necessario aumento del datarateda 9600 kbps a data rate dell’ordine dei Gpbs, nonché un elevato grado di flessibilità caratterizzato dalla possibilità di stabilire Inter Satellite Links (ISL) e connessioni con differenti stazioni di ricezione (operanti in condizioni anche molto diverse).
Infine sarà richiesta una maggiore capacità di comunicazione dei satelliti a livello di costellazione, possibilmente integrando architetture di tipo 5G con protocolli DTN. Parte di questi requisiti, come vedremo, sono già affrontati in temi di ricerca. In particolare i payload relativi alla comunicazione negli ultimi anni hanno subito una notevole evoluzione tecnologica, passando dai primi sistemi operanti a bande UHF/VHF con data rate di 9600 bps, ai sistemi operanti in banda S (per la Telemetria a 2 GHz) e banda X (7-8 GHz), come quelli utilizzati nelle missioni RAX e GOMX-3, con data rate fino a 1 Mbps, e arrivando alla tecnologia più recentemente sviluppata per i Nanosatelliti, con antenne di tipo Reflector e Reflectorarray, nelle bande (12-14 GHz) , K (18 GHz) e Ka (20-30 GHz) e con data rate fino a 100 Mbps. Ulteriori studi stanno evolvendo o potranno evolvere verso l’impiego di altre frequenza con la banda Q (33-50 GHz) e la banda V (50-75 GHz) che sono state valutate positivamente per implementare connessioni intrasatellitari ISL (anche fra satelliti in orbite differenti, come GEO (Orbita Geostazionaria 36.000 Km), MEO (Orbita Media tra 3.000 e 12.000 Km) e LEO (Orbita tra 400 e 1.200 Km) o per downlink da orbite molto basse Very Low Earth Orbit (VLEO fino a 150 Km). La Tecnologia in banda V band è stata ad esempio impiegata nel progetto Starlink con unità in orbita VLEO. Anche la banda W (75-110 GHz) potrebbe trovare impiego, come dimostra il recente progetto ESA W-Cube, costituito da un CubeSat con un trasmettitore in banda W impiegato per misure di propagazione a quelle lunghezze d’onda. Ulteriori studi si stanno concentrando sulle possibilità di utilizzare comunicazioni a lunghezze d’onda ottiche anche su Nanosatelliti. Questo approccio garantirebbe elevati data rate, fino a 10 Gbps ma con consumi dell’ordine dei 50W e non è ancora evidente un trend evolutivo. In ogni caso sono già stati sviluppati dei test per la comunicazione inter satellitareISL e a scopo di studio anche con stazioni di ricezione a terra “ottiche”. Queste ultime sono però limitate ad operare in assenza di nubi meteo, per cui sono prevedibili sviluppi ibridi di tipo RF/Optical (ad esempio affiancando i trasmettitori ottici con sistemi operanti in banda X). Una ulteriore tecnologia emergente, che consentirà differenti vantaggi applicativi, è costituita da quella di Payload Software Defined Radio (SDR).
Alcuni esempi di applicazione su grandi satelliti hanno dimostrato l’efficacia della tecnologia SDR e l’impiego in sistemi basati su Nanosatelliti non è precluso da particolari limitazioni. In particolare l’adozione di payload di tipo SDR consentirebbe lo sfruttamento ottimale delle risorse consentendo un adattamento veloce ai requisiti di missione per le telecomunicazioni. Infatti la programmabilità di questi sistemi abilita al supporto di segnali multipli, l’incremento del data rate su canali affidabili e l’ottimizzazione nello sfruttamento dello spettro elettromagnetico destinato alle telecomunicazioni. Ancora pochi payload SDR sono già stati impiegati in piccoli satelliti e altri sono in fase di sviluppo, come ad esempio AstroSDR, NanoDock SDR, GAMALINK e STI-PRX-01. L’utilizzo di questa tecnologia potrà portare a sviluppi futuri per l’implementazione del concetto di Software Defined Networking, ovvero di reti, altamente configurabili, costituite da diverse tipologie di link tra vari satelliti e stazioni a terra. In un simile scenario l’introduzione di costellazioni di Cube Sat abiliterà alla attuazione di link intersatellitariISL sempre più performanti e configurabili, ad esempio con connessioni tra satelliti GEO, MEO, LEO (o HAPS) e ground stations.
ll progetto ARAMIS sviluppato dalla società ItalSpazio punta allo studio, al progetto e alla futura implementazione e verifica di tecnologie spaziali avanzate per CubeSat, e alla realizzazione di una costellazione satellitare Low-Cost basata su CubeSat (nanosatelliti da 12U) in comunicazione tra loro via ISL LEO-LEO in banda Q e capaci di cooperare con il satellite geostazionario Athena-Fidus tramite ISL in banda Ka ad alta capacità. Il Progetto ARAMIS costituisce una risposta flessibile e a costi contenuti per aumentare la capacità trasmissiva di satelliti tipo cubesat e complementare e/o potenziare servizi già offerti da altri segmenti spaziali attraverso il suo impiego cooperativo e garantendo totale accessibilità ed esclusività dei servizi e maggiore disponibilità del servizio nelle regioni di interesse. ARAMIS prevede diversi tipi di applicazioni/payload:
Il sistema è caratterizzato dai seguenti sottoassiemi:
Una particolare attenzione è rivolta allo sviluppo del Modem SDR, che sarà realizzato appunto in tecnologia SDR-FPGA. Librerie Open-Source saranno impiegate per gli algoritmi di recupero del sincronismo di frequenza, fase e simboli. Il linguaggio VHDL sarà utilizzato per la fase di sviluppo FPGA. La scelta del HW FPGA verrà effettuata tra i prodotti COTS disponibili.
Il payload di SituationalAwareness ARAMIS potrebbe essere basato su un design SDR molto flessibile in grado di far fronte agli standard attuali che operano nella larghezza di banda UHF (400-3000 MHz). In particolare, LoRa-E è specificamente focalizzato per la sua capacità di operare con SNR (Signal to Noise Ratio) molto bassi, permettendo così una lunga resilienza, una bassa rilevabilità e un basso consumo energetico delle batterie dei terminali di terra. Un’antenna UHF dispiegabile con guadagno di 6 dBi raccoglierà i dati di terra, mentre l’implementazione di un trasmettitore in banda S può costituire una buona opzione per comandare i terminali di terra. I dati raccolti verranno archiviati nella memoria di massa Cubesat per essere inviati via ISL alla stazione di terra dopo la formattazione e la crittografia.
Per applicazioni ELINT, l’attività consiste nellaricezione di dati relativi a sorgenti di trasmissione, in particolare delle emissioni dei vari tipi di radar. Le intercettazioni possono essere effettuate da stazioni ELINT poste a terra nella prossimità dei confini dell’avversario, su Navi e/o Aerei specificamente equipaggiati o su satelliti artificiali (CubeSat – ARAMIS). Il payload dell’applicazione ELINT, operante secondo un approccio TDOA/FDOA, è basato su una formazione di tre satelliti ciascuno con un payload di acquisizione del segnale BW ampio e include due ampie antenne dispiegabili BW, seguite da catene di ricevitori innovative. La configurazione della formazione prevede due satelliti sullo stesso piano orbitale e un terzo in volo. Le posizioni relative vengono calcolate elaborando gli osservabili potenti ricevitori EGNSS. La trasformazione dei dati e la localizzazione e l’analisi della fonte terrestre vengono eseguite a terra nel centro di elaborazione.